giovedì 19 marzo 2015

CARTA ACQUISTI – CHE COSA È E COSA FARE PER OTTENERLA

La Carta Acquisti è una normale carta di pagamento elettronica, uguale a quelle che sono già in circolazione e ampiamente diffuse nel nostro Paese.
Principale differenza è che con la Carta Acquisti le spese, nel limite delle risorse disponibili sulla carta stessa, invece che essere addebitate al titolare della Carta, sono addebitate e saldate direttamente dallo Stato.
La Carta potrà essere richiesta e utilizzata da un genitore o, in assenza di questi dall’affidatario o dal tutore, per effettuare acquisti nei negozi alimentari, nelle farmacie e nelle parafarmacie abilitate al circuito Mastercard. Gli esercizi commerciali che espongono il simbolo qui di fianco, offriranno, inoltre, sconti aggiuntivi alle normali promozioni.

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CARTA ACQUISTI
Beneficiario minore di 3 anni
Modulo B009/15

Riparto competenze legislative stato e regioni nella giurisprudenza costituzionale: lavoro pubblico

Il riparto delle competenze legislative tra stato e regioni nella giurisprudenza costituzionale in tema di costituzione del rapporto di lavoro pubblico, reclutamento e scelta delle relative modalità.

a cura di M. Pieroni e
M. Bellocci

Linee di discrimine tra la competenza legislativa dello Stato e quella delle Regioni: quadro di sintesi. 1. La giurisprudenza costituzionale prima della riforma del Titolo V. 1.1. L’inquadramento sistematico della materia “ordinamento e organizzazione amministrativa”. 1.2. La peculiarità della disciplina del pubblico impiego regionale rispetto al generale regime dell’impiego pubblico: sua riconducibilità alla competenza legislativa concorrente “ordinamento degli uffici e degli amministrativi dipendenti dalla Regione”. 1.3. La competenza legislativa regionale e il “limite del diritto privato”. 1.4. In particolare: il principio della regolazione dei rapporti di lavoro pubblico mediante i contratti collettivi nazionali. 2. La giurisprudenza costituzionale dopo la riforma del Titolo V. 2.1. La riconduzione dell’impiego pubblico regionale, per il profilo della privatizzazione del rapporto del lavoro, alla competenza esclusiva statale nella materia “ordinamento civile” e per il profilo pubblicistico-organizzativo, alla materia di competenza regionale residuale “ordinamento e organizzazione amministrativa” regionale. 2.2. Il limite del diritto privato alla competenza regionale residuale in materia di “ordinamento e organizzazione amministrativa” regionale. 2.3. Gli altri limiti alla competenza legislativa regionale residuale in materia di “ordinamento e organizzazione amministrativa regionale”: la regola del pubblico concorso. 2.4. Segue: il rispetto dei “canoni della buona amministrazione”. 2.5. Segue: i principi dell’imparzialità e del giusto procedimento. 2.6. Segue: la garanzia dell’effettività del diritto al lavoro. 2.7. Segue: la disciplina del personale medico e i principi fondamentali in materia di “tutela della salute”. 2.8. Segue: gli intrecci con la materia del “coordinamento della finanza pubblica” 2.9. Gli ambiti materiali riconducibili alla competenza legislativa residuale regionale “ordinamento e organizzazione amministrativa”. 2.9.1. Il reclutamento e scelta delle modalità di costituzione del rapporto di lavoro pubblico: l’accesso al pubblico impiego e le procedure concorsuali. 2.9.2. Segue: le assunzioni.
3. Le Regioni e le Province ad autonomia differenziata. 3.1. I principi desumibili dalla legislazione sul pubblico impiego quali norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica per le Regioni ad autonomia differenziata. 3.2. La parificazione tra Regioni a statuto speciale e Regioni a statuto ordinario nel nuovo assetto delle competenze legislative in tema di privatizzazione del lavoro pubblico. 3.3. Il limite del diritto privato alla competenza regionale residuale in materia di “ordinamento e organizzazione amministrativa” regionale.

Elezioni Amministrative in Sicilia, regole per nomina scrutatori. La circolare

La normativa di riferimento è dettata dall’art. 6 della l.r. 12 agosto 1989, n. 18 che, com’è
noto, ha modificato l’art. 11 del D.P. Reg. 20 agosto 1960, n. 3.

Leggi la circolare dell'Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica

Guida alle semplificazioni del decreto legge del Fare

Approvato il decreto del Fare, si apre la fase importante e delicata dell’attuazione delle nuove norme. Per questo è essenziale che cittadini e imprese siano informati delle nuove opportunità che la legge offre loro.
La Guida alle semplificazioni del Fare rappresenta uno strumento messo a disposizione di cittadini e imprese per conoscere e far valere i loro diritti.

Il decreto legge n. 69 del 2013 (cosiddetto “decreto del Fare”),
convertito con la legge 9 agosto 2013, n. 98, contiene numerose
misure di semplificazione. Si tratta di provvedimenti che sono
anche frutto delle attività di misurazione degli oneri burocratici e di
consultazione dei cittadini, delle imprese e delle loro associazioni
condotte dal Dipartimento della funzione pubblica.
Oltre a interventi di carattere generale, indispensabili per
dare certezza ai tempi di conclusione delle pratiche, quale
l’indennizzo automatico e forfettario, vi sono numerose misure che
consentiranno di ridurre i costi burocratici, di contribuire a rimettere
in moto gli investimenti e di agevolare la ripresa in settori chiave.
Il provvedimento interviene, infatti, su adempimenti burocratici
particolarmente costosi per le imprese. Ad esempio, in materia
di edilizia e di sicurezza sul lavoro, sono stati stimati costi pari a
circa 7,7 miliardi di euro all’anno per le PMI. I risparmi derivanti
dagli interventi del decreto del Fare sono stati quantificati in via
preliminare in circa 500 milioni di euro all’anno. La stima preliminare
dei risparmi sarà integrata con la collaborazione delle associazioni
imprenditoriali attraverso approfondimenti mirati, anche sulla base
dell’esperienza attuativa.
Le pagine che seguono hanno la finalità di far conoscere e utilizzare
le nuove semplificazioni che potranno far risparmiare tempo e
denaro a imprese e cittadini. La Guida, inoltre, contiene apposite
sezioni di approfondimento per chi vuole saperne di più.

SFOGLIA LA GUIDA 

venerdì 13 marzo 2015

Legge n. 3/2012 c.d. salva suicidi : cos’è e come funziona? il testo aggiornato

La crisi ha messo in ginocchio chiunque, e sempre più spesso far fronte ai debiti contratti diventa praticamente impossibile. Ma mentre le aziende hanno la possibilità di dichiarare fallimento e ricominciare da capo, i privati sono costretti a fronteggiare difficoltà enormi, con banche, fornitori e creditori che non smettono di «bussare alla porta».

Il servizio di Mauro Casciari andato in onda su Le Iene, mostra però che anche i singoli cittadini possono avere una via d’uscita. Questa via d’uscita è la Legge 3/2012, meglio nota come «legge salva-suicidi»- varata proprio allo scopo di aiutare chi, a causa di eventi eccezionali (che spiegheremo tra poco) non riescono più a onorare i propri debiti.

Legge salva-suicidi: che cos’è e come funziona?
L’articolo 7, capo II della legge 3/2012 recita:

1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con
l'ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all'articolo 15 con
sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 9, comma
1, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla
base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti
impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di procedura civile e delle
altre disposizioni contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalità di
pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indichi le eventuali
garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti e le modalità per l'eventuale
liquidazione dei beni. È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio,
pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne
sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in
ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione,
avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali
insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di
composizione della crisi. In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti
risorse proprie dell'Unione europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle
ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la
dilazione del pagamento. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 13,
comma 1, il piano può anche prevedere l'affidamento del patrimonio del
debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del
ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il
gestore è nominato dal giudice.
1bis.
Fermo il diritto di proporre ai creditori un accordo ai sensi del comma
1, il consumatore in stato di sovraindebitamento può proporre, con l'ausilio
degli organismi di composizione della crisi di cui all'articolo 15 con sede nel
circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 9, comma 1, un
piano contenente le previsioni di cui al comma 1.
2. La proposta non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore:
a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal
presente capo;
b) ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al
presente capo;
c) ha subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli
articoli 14 e 14bis;
d) ha fornito documentazione che non consente di ricostruire
compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.
2bis.
Ferma l'applicazione del comma 2, lettere b), c) e d), l'imprenditore
agricolo in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori un accordo
di composizione della crisi secondo le disposizioni della presente sezione.


Riassumendo: la legge salva-suicidi, sconosciuta alla stragrande maggioranza degli italiani, concede ai privati (artigiani, agricoltori, commercianti, ecc.) in situazione di effettiva difficoltà economica, che quindi non sono in grado di ripagare i propri debiti nei confronti sia di Equitalia che delle banche,la possibilità di rivolgersi al Tribunale.

Quest’ultimo, una volta accettata la proposta del debitore, nominerà un esperto contabile che analizzerà i conti (debiti e averi) del cittadino e lo aiuterà a mettere in atto un «piano di rientro» creditizio.

I creditori, dall’altra parte, non riceveranno l’intera somma cui hanno diritto, ma solo la parte che realisticamente il debitore può permettersi di pagare. Condizione perché il piano di rientro venga avviato è che esso venga accettato da almeno il 60% di chi deve ricevere i soldi

Piano di Rientro: perché i creditori accettano
Tra i creditori si possono annoverare anche le banche: se, a titolo esemplificativo, un privato ha contratto un mutuo di 100mila euro che non riesce più a pagare a causa di un’effettiva difficoltà economica, egli può proporre all’istituto una riduzione della somma. Molto spesso alla banca, a causa della crisi che affligge il settore immobiliare, converrà infatti raggiungere un’accordo con il cittadino che vendere l’immobile all’asta.

Lo stesso discorso vale per Equitalia. Non potendo effettuare un pignoramento sulla prima casa, accettando la rinegoziazione del debito infatti, il fisco riuscirebbe a rientrare in possesso di una parte della somma.

Per quanto riguarda i fornitori: la legge salva-suicidi prevede delle agevolazioni fiscali dovute al fatto che essi percepiscono delle cifre inferiori rispetto a quelle pattuite precedentemente.

Insomma, da un lato il cittadino potrà ripagare i propri debiti in base a quanto realisticamente può permettersi, dall’altro i creditori riusciranno a rientrare dei propri soldi, usufruendo anche di determinate agevolazioni fiscali.

lo scorso 28 gennaio, con ben tre anni di ritardo quindi, è entrato in vigore il cosiddetto procedimento di esdebitazione che permette ai singoli cittadini di «dichiarare fallimento». Ma vediamo di saperne di più.

Procedimento di esdebitazione
Fino a poco tempo fa, la legge 3/2012 era praticamente sconosciuta ai più. Quattro giorni fa però la norma è tornata agli onori della cronaca per via dell pubblicazione in Gazzetta ufficiale del procedimento di esdebitazione che fissa i requisiti degli organismi deputati a gestire la procedura.

Ricordiamo che la suddetta legge prevede la possibilità per i singoli cittadini di presentare al Tribunale di rifferimento un «piano di uscita» che permetta di cancellare i propri debiti.

Il Tribunale di Busto Arsizio ha stabilito che il procedimento di fallimento può essere attivato non solo da un impresa, ma anche dal singolo cittadino. Inoltre si può usufruire del piano anche se il creditore è solo uno e corrisponde all’Agente di riscossione (leggasi Equitalia). Chinque abbia dunque delle cartelle esattoriali che non è in grado di pagare a causa dei debiti accumulati può proporre un pagamento commisurato alle proprie finanze. La richiesta può essere presentata al Tribunale, con il deposito di un piano di gestione dell’uscita dalla crisi. Una volta approvato dal giudice, il programma sarà vincolante anche per Equitalia che dovrà cancellare le ipoteche, rinunciare al pignoramento ecc.

Procedimento di esdebitazione: i requisiti
Il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale definisce quali siano i requisiti di cui gli enti autorizzati a gestire la crisi di sovraindebitamento devono essere in possesso. Ricordiamo che, previa domanda, tra questi enti compaiono:
- commercialisti,
- avvocati,
- notai,
- studi associati,
- altri soggetti, a condizione che possiedano i requisiti formativi e di esperienza indicati all’interno decreto ministeriale,
- pubbliche amministrazioni, ovvero organi costituiti dai Comuni, dalle Province, dalle Regioni, dalle Università e dagli organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio.

Sottolineiamo che la Legge n. 3 del 2012 ha il fine di permettere ai soggetti che non possono dichiarare fallimento (consumatori, piccoli imprenditori, professionisti, artigiani, privati in generale, ecc.) di sdebitarsi attraverso la liquidazione del proprio patrimonio o mediante un accordo di ristrutturazione del debito.

Il procedimento di esdebitazione può essere attivato solo da uno dei soggetti sopra indicati.

Il professionista o l’organismo dovrà stipulare una polizza assicurativa con massimale non inferiore a un milione di euro per le conseguenze patrimoniali comunque derivanti dallo svolgimento del servizio di gestione della crisi.

Per quanto riguarda i compensi di questi organi, essi saranno stabiliti in proporzione all’ammontare dell’attivo realizzato o del passivo risultante dall’accordo proposto dal consumatore insolvente.

IL TESTO AGGIORNATO DELLA LEGGE N. 3/2012

Super-taglio al debito con Equitalia

È omologabile il piano del consumatore che riduce in modo rilevante il debito nei confronti di Equitalia, laddove venga rispettato il contenuto della proposta iniziale e la conseguente esdebitazione non necessita di un’ulteriore pronuncia da parte del giudice.

E' questa la principale conclusione contenuta nel decreto della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Busto Arsizio del 15 settembre 2014 ma reso noto solo ieri.

La pronuncia trae origine da un ricorso depositato in Tribunale ad aprile 2014 da una debitrice per la proposizione di un piano per la composizione della sua posizione debitoria (cosiddetto piano del consumatore), secondo quanto previsto dalla legge 3/2012.

Si ricorda in proposito che la legge 27 gennaio 2012, n. 3 (modificata dalla legge 221/2012) disciplina la composizione della crisi da sovraindebitamento, una procedura concorsuale a carattere volontario finalizzata a risolvere le situazioni di sovraindebitamento non sanabili attraverso le altre procedure concorsuali.

Nel piano veniva proposta la vendita di una parte dell’unico immobile di sua proprietà per ripianare i debiti contratti.

L’unico creditore della debitrice (difesa dall’avvocato Pasquale Lacalandra) era rappresentato dall’Agente della riscossione Equitalia Nord per una somma di circa 87mila euro per tributi dovuti negli anni 1996 e 1997.

Nel luglio 2014, il professionista - incaricato in sostituzione dell'organismo di composizione della crisi - evidenziava ai giudici che la proposizione del piano non veniva accettata da Equitalia. Secondo l’Agente della riscossione, infatti, prima dell’accettazione da parte del creditore, la debitrice aveva già proceduto alla vendita dell'immobile.

Nonostante le eccezioni formulate da Equitalia, sulla base della documentazione prodotta e delle relazioni predisposte dal professionista, i giudici di Busto Arsizio hanno ritenuto soddisfatti i requisiti di ammissibilità della procedura secondo quanto previsto dalla legge 3/2012.

Infatti, è stato appurato che nella proposta depositata a giugno (e, dunque, prima del rifiuto di Equitalia), era stata rilevata la possibilità di vendere la porzione dell'unico immobile posseduto dalla debitrice per pagare parte del proprio debito e che l'Agente della riscossione non aveva contestato né l'ammontare del suo credito né la convenienza del piano.

Invero, secondo i giudici la vendita è avvenuta nel rispetto dei termini temporali ed economici previsti nella proposta.

Inoltre, secondo il Tribunale, per il piano del consumatore non rileva l’accordo con i creditori, essendo soggetto solo all' omologazione da parte del giudice, dopo averne valutato la fattibilità della proposta e la meritevolezza della condotta (articoli 12-bis e 12-ter della legge 3/2012).

Infatti, ai fini dell’omologazione occorre solo che il debitore non abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere e non abbia colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali (articolo 12-bis comma 3 primo periodo della legge 3/2012).

Pertanto, il Tribunale ha omologato il piano del consumatore presentato e, quindi, ne ha disposto l’esecuzione, consistente nel versaento ad Equitalia Nord della somma ricavata dalla vendita pari a circa 11.200 euro con una riduzione, quindi, di circa l’87% rispetto al debito iniziale.

LEGGI IL DECRETO DEL TRIBUNALE